|
|||||||||||||||||||||||||||||||
Riprova Ora abbina i seguenti titoli con i corrispondenti paragrafi.
Succede spesso in Italia: quando abbiamo un problema, parliamo d'altro.
Lo vediamo anche in questi giorni, in seguito ai referendum sulla
Costituzione europea che, sia in Francia sia in Olanda, hanno fatto
emergere un voto popolare allo stesso tempo di paura nei confronti
dell'Europa e di sfiducia nei confronti dei Governi.
Ma se l'Italia uscisse dall'euro, francesi e olandesi ne sarebbero
rassicurati? Già questa domanda ci aiuta a impostare il problema
in termini più utili. Il problema politico cui i nostri Governi sono ora
chiamati — e lo sono ormai da diversi anni, prima se ne accorgono
e meglio è — è tutto sommato semplice. Come dimostrare a oltre
400 milioni di persone che conviene proseguire sulla strada dell'integrazione
europea, in un mondo nel frattempo molto cambiato rispetto a quello in cui
l'ideale europeo era nato più di cinquant'anni fa. Ho già scritto che
l' 11 settembre 2001 crollano due torri a New York e... si rompe l'Europa.
Da quella terribile data, abbiamo infatti completato i percorsi già decisi
( il changeover all'euro; l'ampliamento a 25 Paesi membri) ma non abbiamo più saputo
infondere nuove energie nel progetto europeo. Mentre l'Europa formalmente
riunificata si spaccava fra filoamericani e antiamericani, l'operazione Costituzione
non è riuscita a sollevare nessun nuovo entusiasmo. E che ciò difficilmente potesse
succedere, è chiaro a chiunque osa leggere quel testo. Quando nell'ottobre scorso
ho scaricato dalla « Gazzetta Ufficiale » le 928 ( sic!) pagine di cui si compone,
mi sono reso conto che pochi avrebbero avuto il coraggio di identificarsi con quel testo.
Avete presente che tra gli obiettivi dell'Unione campeggia quello ( articolo I 3) di
un' « economia sociale di mercato fortemente competitiva » ? Sommare mercato,
competizione e sociale è forse facile sulla carta, ma in pratica chi c'è riuscito tra i 25 Paesi?
Se, infatti, guardiamo i 25 paesi negli ultimi dieci anni e confrontiamo l'andamento
delle economie europee, due sono i modelli di successo: da un lato, quello molto sociale
dei Paesi scandinavi e dall'altro quello molto meritocratico dei Paesi anglosassoni.
I Paesi che più si allontanano da questi due modelli estremi — e ciò riguarda soprattutto
Francia, Germania e Italia — sono quelli cresciuti meno. La delusione relativa al nostro
Paese è la maggiore, anche perché siamo quelli che si sono mossi nel modo meno coerente.
Da un lato, abbiamo fatto del nostro meglio per assomigliare ai tedeschi quanto alla stabilità,
perché volevamo essere uniti a loro nella stessa moneta. Mentre la nostra industria seguiva
il modello asiatico delle produzioni nella manifattura leggera. E mentre da un punto di vista
politico ci consideravamo vicini soprattutto al mondo anglosassone ( almeno a parole, dal liberismo all'Irak).
La nostra economia è quindi risultata sociale nei suoi difetti e non meritocratica nei suoi pregi.
In conclusione, se quest'analisi è condivisa, ne risulta anche più facile individuare il sentiero che
occorre percorrere per tornare a crescere. In base all'esperienza degli ultimi dieci anni,
è chiaro che dovremmo scegliere tra le due alternative date da una vera economia di mercato
di tipo anglosassone e una buona socialità di tipo scandinavo.
|
|||||||||||||||||||||||||||||||
|